Il ciclo Campi Elisi vuole condurre in un luogo immaginario e “al di là”. I poeti e filosofi antichi si immaginarono un luogo in cui le anime degli uomini di valore trovavano pace e tranquillità, lontani dalle tribolazioni terrene. Un luogo, a ovest del mondo conosciuto, in cui esse godevano la luce del sole a differenza delle comuni anime che vagavano nel buio regno di Ade, re degli inferi. La cultura occidentale moderna rifiuta il tema Morte. Nel nome della vita, arriviamo spesso a cancellarne la vitalità. Campi elisi esprime la vitalità della Natura ma evoca anche un non luogo, presente nell’immaginazione poetica e nello spirito. Un luogo in cui la fine della vita si fonde con la vita stessa, in un eterno ciclo di trasformazione. Il ciclo Campi Elisi è stato realizzata con il contributo della Provincia Autonoma di Bolzano – Ripartizione Cultura italiana
Ciclo composto da cinque opere realizzate per l'evento "Colloqui in Giardino - SüdtirolO - Die Zeit des Vertrauens", presso lo studio di Raffaele Virgadaula, Psicologo del Lavoro e Deejay. L'evento mette in relazione arte visiva, sonorità e lineamenti di psicologia sul tema della fiducia, dell'economia 4.0 e dell'impatto del Covid-19 sulla vita delle persone.
Se si guarda una sezione di albero il floema, rispetto alla massa legnosa del tronco è praticamente invisibile: uno strato sottilissimo subito sotto alla corteccia, attraverso il quale scende la linfa che dà nutrimento alla pianta. Un elemento insignificante secondo i nostri parametri percettivi sviluppa in realtà un’ energia vitale. L’immagine di questo flusso di energia mi ha spinto a vedere gli alberi da un punto di vista dinamico, del continuo scambio fra radici, tronco, foglie, atmosfera. Il sistema albero è una rete di connessioni con l'ambiente circostante e con le altre piante. Esprime la complessità della vita, ci fa capire come la realtà sia un concetto estemporaneo, mutevole, dove niente è isolato in se stesso e autosufficiente.
Ho cominciato a raccogliere e dipingere pietre nel precedente ciclo sulla montagna. La montagna affascina per la sua grandiosità che risveglia in noi un sentimento di finitezza. Per quanto la attraversi o tenti di scalarla rimane irraggiungibile, inafferrabile nella sua totalità. Tenere fra le mani una pietra è invece un'esperienza tattile, alla nostra portata. Un miscrocosmo di storia e trasformazioni. Collocate in uno spazio privato esse ci appaiono diverse e sembrano adattarsi all'ambiente circostante. Questo tipico atteggiamento umano di trasfigurare-addomesticare il mondo visibile in base al nostro punto di vista, determina da sempre il nostro rapporto con la natura, con esiti sia positivi che negativi. Dipingere una pietra significa instaurare un dialogo immedesimandosi con un oggetto fisico. Come si muovono le superfici? Quali elementi mi colpiscono e quali sensazioni ne ricavo? Fra informazione visiva e sensazione si instaura un rapporto di reciprocità.
ll modo in cui percepiamo la montagna riflette una condizione individuale e, al tempo stesso, sociale. Il ciclo Mount in/out Side tematizza questo punto di vista, muovendosi lungo un asse storico alle radici della visione e della rappresentazione della montagna. Nel corso delle epoche la percezione della montagna si è modificata insieme alla cultura. In particolare il Medioevo, l'Illuminismo e il Romanticismo hanno rappresentato delle tappe fondamentali in questo percorso, i cui universi di valori sono ancora rintracciabili e compresenti nella nostra cultura ma in forte tensione fra loro. Oggi non consideriamo più la montagna come un luogo inaccessibile e inospitale e il nostro rapporto con la natura è disincantato. Tuttavia si assiste a una rivalutazione di sentimenti e atteggiamenti verso la montagna, ritenuta da molti un' esperienza interiore e spirituale. Ma la montagna si trova oggi ad affrontare le conseguenze dello sviluppo socio-economico degli ultimi decenni e il perdurare di una mentalità utilitaristica legata al turismo di massa. Le opere cercano di interpretare questo conflitto fra una visione interiore e una più spregiudicatamente oggettiva, attraverso l'uso di differenti registri espressivi.
Il ciclo di opere utilizza temi legati al mondo fisico per collegarsi a sentimenti primari e indagare aspetti legati alla psicologia e ai comportamenti umani. La società contemporanea, confidando nelle continue scoperte scientifiche e tecnologiche, mira a raggiungere una piena sicurezza e una completa eliminazione della paura e del dolore. Le opere indagano questo lato oscuro dell'esistenza, mettendolo però in dialogo con i sentimenti, le nostre aspirazioni e speranze.
Questo ciclo di opere nasce dall'esigenza di sviluppare il tema del paesaggio in chiave evocativa e simbolica. Un paesaggio costituito da pochi elementi archetipici - la casa, l'albero - presenti in forme stilizzate, immerse in un gioco di luci e ombre. Simbolicamente l'albero rappresenta il tramite fra terra e cielo, materia e spirito. Qui evoca anche un sentimento di malinconia, delicatezza, fragilità. La casa rimanda all' equilibrio, alla solidità, alla concretezza. Aspetti apparentemente inconciliabili, che qui trovano una forma di completamento e una forza vitale. Il colore abbandona ogni carattere descrittivo e diventa un manto che ricopre tutto in chiave espressiva. I contorni sfumati indicano una propensione per il dubbio e l'indefinito, intesi come antidoto al pensare secondo categorie schematiche. Nelle ultime opere cresce l'interesse per il simbolismo di forme architettoniche più complesse. Le case diventano torri, palazzi e il loro rapporto con l'albero diventa spunto per una riflessione etica ed esistenziale. La tecnica utilizzata consiste nella sovrapposizione di stesure di colore sottile e trasparente su fondo bianco, in modo da ottenere una maggiore luminosità. La sovrapposizione di velature di colori diversi fra loro permette inoltre di ottenere tinte finali che non sarebbe possibile ottenere dalla mescolazione diretta dei pigmenti.
“Ciascuno vede la natura attraverso il suo proprio temperamento”. Questa affermazione di Van Gogh (che citava a sua volta Zola) riassume il concetto che anima questo primo ciclo di opere: il paesaggio come mezzo per esprimere gli stati d'animo. Dietro alla scelta del paesaggio (e in particolare di queste ambientazioni) c'è anche un'idea di pittura, una visione dell'arte che riporta all'approccio metafisico operato da artisti come Carrà, De Chirico, Sironi. La sintonia non riguarda tanto la poetica, nè tantomeno il clima ideologico di quel periodo (anni Venti), bensì la volontà di riprendere un discorso sul paesaggio per ritrovare una sfera più intima e personale di fare arte. In particolare di Carrà mi affascina la semplicità e plasticità con cui ritrae le marine, le case, gli alberi. La mia riproposizione riguarda ambienti incontrati durante i viaggi e nella regione dove vivo. L'approccio pittorico è realistico ma gli elementi e la composizione sono sviluppati in modo da trasportare l'osservatore in una dimensione onirica e poetica.
Ho realizzato queste opere per conoscere gli stili degli artisti che amo di più (Van Gogh, Courbet, Pissarro ma anche altri artisti dell'Ottocento e antecedenti). Ciascuno di essi ha delle peculiaritá riscontrabili nel diverso tratto, nell'uso del colore, nel modo di trattare determinati soggetti. È molto interessante constatare i cambiamenti di tecnica e di stile nel corso delle epoche. Cerco di dipingere seguendo le fasi di realizzazione che ritengo più plausibili in base alla mia esperienza e, ove possibile, a documenti storici.